giovedì 19 aprile 2012

"Una Poesia d'Amore e d'Odio..."

Buongiorno miei cari concittadini e lettori!
È da molto che non scrivo, vero? Mi devo scusare con tutto voi, la vita è sempre così piena di affanni e di impegni! Si va avanti ogni giorno costruendo, poggiando, sognando un tassello dopo l'altro della nostra vita, dei nostri sogni, ed il tempo scivola via nella sabbia!
Ebbene, oggi vi scrivo riguardo a questi miei sogni che cerco, lentamente, di costruire. Vado avanti piano, con delicatezza, cercando di farmi strada da solo in queste vie così tortuose e spinose.
Il mio personalissimo Megadirettoregalattico Donato è a conoscenza di una verità che pochi, in realtà, conoscono: ovvero che oltre a gradire voi, e me stesso, con la mia letteratura spassionata su argomenti disparati, ho anche l'abitudine di scrivere libri. Chi lo avrebbe immaginato?
Attualmente sono in fervida attesa che venga riportato il manoscritto corretto del mio secondo libro, una raccolta di storie horror vecchia scuola, che lascia sognare e ricordare di Poe (avete visto The Raven al cinema? Come vi è sembrato?), sebbene molto più centrato sul folklore e su come questo tutt'oggi ci lascia rabbrividire! Una delle storie è, addirittura, apertamente ispirata alla mia - alla nostra! - città, al suo passato ed al suo stesso essere.
Oggi vorrei tuttavia parlarvi della mia opera prima: piccolo volume di settanta pagine, scritto quasi un anno fa, che si slancia nella vita di un uomo, durante gli ultimi battiti del suo cuore, le ultime lente ore bianche prima del sonno eterno, si snoda attraverso i sentieri dei ricordi e li ripercorre, li lascia rivivere, li rielabora con la sapienza che proviene dall'anzianità, dal distacco. Ricordi belli, ricordi brutti, tutto viene rivalutato nella più alta sfera dell'amore, della crescita.
Che dire, è un bel concetto, no? Il libro tuttavia non è sembrato abbastanza interessante per molte case editrici, mentre altre l'hanno addirittura tenuto tanto in considerazione da chiedermi soldi per pubblicarlo! Ebbene, se fossi stato ricco non avrei avuto bisogno di loro, no? I più onesti mi hanno spiegato che era un'opera di eccezionale fattura sia morale quanto letteraria, sebbene troppo pesante per poter mai essere pubblicata come prima opera, sopratutto se si trattava di un giovane ventenne.
Insomma, sarebbe andato bene se avessi scritto di vampiri luccicanti e lupi mannari pedofili. Ma una riflessione sulla vita, un'opera che unisce poesia e prosa, che si svincola dai limiti e propone così tanti modelli linguistici e letterari, così tanti generi di scrittura in un solo libro? Nah. Non vende ai giovani.
Avevo ormai abbandonato il progetto, avevo buttato tutto in un cassetto, quando i pochi amici che avevano avuto modo di leggerne delle pagine mi iniziarono a fare pressioni, a domandare: quando lo avremo tra le mani?
Ci misero poco a fare una colletta, ed io ci misi ancor di meno a trovare un servizio di auto-pubblicazione on demand. Così, il mio sogno è diventato realtà. Venticinque copie stampate della mia opera, delle mie notti, del mio cuore ma in realtà di una vita che sorride a tutti, in cui tutti possono specchiarsi e con cui tutti possono riflettere. Purtroppo le copie sono finite ed il mio cuore non osa chiedere altre collette ai miei fidati amici, che, infondo, hanno fatto fin troppo.
I pochi soldi guadagnati con la vendita (che sembravano un tesoro inestimabile ai miei occhi) sono in parte volati via pagando gli studi e libri universitari molto rari per approfondire gli esami (la media del 30 e lode è difficile da mantenere!), in altra parte per aiutare quanto possibile la mia famiglia.
Ora mi preparo a raccogliere soldi per un altro anno di studi ed approfondimenti, per aiutare ancora una volta la mia famiglia e, sì, per vedere per la seconda volta il mio sogno realizzato. Dopo tanto tempo ho finalmente seguito il consiglio di Donato e mi rivolgo ai miei cittadini, alla mia città, per darmi aiuto. In cambio, forse per molti sarà poco, pubblicherò ogni settimana un capitolo del mio primo libro, oltre ovviamente a tenervi aggiornati sugli esiti del secondo, e su come acquistarlo nel caso foste interessati!
Scrivo sempre così tanto, per dire così poco...

Prologo

{All’improvviso, l’orologio riprese a ticchettare.
Da quanto tempo non lo sentiva?
L’inesorabile scorrere del tempo.
Avanzava affannoso e calmo, senza fretta e portando urgenza.
Alzò lo sguardo nell’ombra semivuota del proprio studio;
Vuoto, abbandonato, era.
Era e sarà, era e fu: di questo ne era certo.
Il Tempo lo era, lui lo Era.
Come il tempo è relativo, si rese conto che anche lui era relativo. L’orologio gli stava parlando, lo spingeva oltre a limiti che fin a quel momento aveva sepolto senza poterne ritrovare la strada.
L’aveva sepolta, la propria consapevolezza, nel profondo degli abissi, in quegli oceani in cui la mente si distrae come un topolino che gioca con lo spago, in cui i bambini sorridono al sole, e dove il tocco di una fanciulla ti fa ardere il cuore.
L’aveva sepolta, in quello specchio rotto che si rifiutava di guardare, che osservava avidamente. L’aveva sepolta sotto quella bestia dormiente che giaceva da troppo tempo sopita nel proprio cuore, in quella piccola prigione di ossa e muscoli pulsanti che portava avanti la vita.
L’aveva sepolta ed ora se la ritrovava di fronte, come una vecchia amica a cui si è fatto un torto e che si cerca di evitare per l’imbarazzo.
Cosa le avrebbe detto? Come l’avrebbe trovata?
Sarebbe stata splendida, fiera, rigogliosa, illuminata e onorevole come un tempo, senza una sola macchia di peccato ed insicurezza sui candidi abiti, o anche lei aveva subito le violenze di quel ticchettare ossessivo, convulso, inarrestabile che tutti noi abbiamo nel profondo del nostro animo e che non possiamo fermare?
Aveva così tante domande che gli affollavano la testa, mentre malediva l’orologio in quella notte fonda, al centro di quella piccola città nel cui cielo le stelle lontane lottavano contro il vicino brillare dei folgoranti lampioni, rivendicando il predominio dei cieli, rivendicando il paradiso perso.
Marte fiammeggiava rosso in quel cielo, eppur sembrava così piccolo, così inerme, così fermo.
Non si annulla forse anche il Sole, quando giace assieme alle tenebre e la figlia Luna ci intrattiene coi suoi sussurri d’amore e di odio?

Non poteva più rinunciare, non poteva più resistere.
Lo stavano chiamando le voci urlanti del passato abbandonato e le speranze sussurranti dei bambini del futuro.
Si alzò, finalmente, a fatica, come se le gambe gli fossero state portate via per anni ed anni ed anni per poi tornare a lui nel momento della grande prova.
Con calma esteriore, paura interiore, si avvicinò con cura ed ansia a quel terribile rivale che aveva più volte evitato di fronteggiare.
Si posò di fronte allo specchio, e si vide.
Vide ciò che era stato per tanto tempo ai suoi stessi occhi, che sempre guardano e giudicano il proprietario nel fondo della mente, ‘che non sono altro che un ennesimo specchio, la realtà non è altro che il riflesso di noi stessi.
Vide tante cose, passate e future, speranze, sogni, incubi e ricordi.
Tanti ricordi che si affollavano su ogni ruga del suo viso, su ogni cicatrice del suo petto, su uno stanco sguardo azzurrino opaco.
Vide le Estati e gli Inverni concedersi i piccoli baci del peccato, con le loro torride piogge e le calme gelide giornate, per ricordare al mondo che nel bianco si può nascondere il nero, e che il nero abbraccia con amore il proprio amante.
Vide il danzare dei giovani Autunni e delle balzanti Primavere, gli uni vestiti con i loro eleganti completi di intrecciate foglie dorate, le follie delle prime piogge a bagnargli i capelli ed il pallido viso, colpito solo da pochi fulgidi gioielli di calore sulle goti, le altre allegre come solo il sole che balla con le nuvole sa essere, con lunghe trecce e coccinelle alle dita come anelli, i sorrisi splendenti e le risate dei bambini sboccianti dai fiori che formavano i loro colorati vestiti.
Ballavano, ballavano d’amore e di gioia, per far capire al mondo che gli opposti possono attrarsi, che ogni cosa è perfetta ed è al suo posto, che la Natura è pittrice, scultrice, attrice, la massima artista che ha creato un mondo dove il più piccolo granello di sabbia è pura poesia per le orecchie di chi vuole udirne i versi puri dello scrosciare del passionale mare sul piccolo corpo del proprio amante.
Vedeva tutto questo e vedeva oltre.
              
Oltre, nel profondo.
Oltre, nei luoghi dove i sipari calano e le tenebre si dilaniano, in cui le maschere cadono dai volti aberrati delle crudeltà infernali.

Nelle lande dei morti, delle morti.
Nelle terre dei terrori, delle paure, delle incertezze e dei rimorsi.
Dove i ricordi perdevano ragione e perdono stagione.
I corpi abbandonati di ciò che è stato, i feti di ciò che poteva essere, riposavano tormentati sul suolo di puro catrame stagnante, il tanfo dell’orrore che riempiva le narici.
Si dilaniavano di agonia, in quel tempo fuori dal tempo che avvolge ogni lacrima che scende dal nostro viso o che vediamo scendere, ricoprendola di mantelli di nere ali per coprire la propria vergogna.
Vedeva i corpi contorcersi controvoglia, ancora vivi nel profondo del proprio essere, corpi anneriti dal sole della furia ed assieme gonfi dell’acqua stagnante del lago del disprezzo.
Alberi rinsecchiti, innaturali, crescevano senza radici, a testa capovolta, aberrazione di ogni bene, ed i loro frutti altro non erano che le gioie ed i sorrisi morti prima di nascere, per la debolezza dell’uomo che li destinò a quel fato; ed ogni decisione non presa, ogni verità non detta, era una malformazione, una mutilazione, a quella popolazione inerte di fronte alla tirannia del proprio sovrano.
Questi moncherini trasudavano sangue del più nero ed infetto, le mosche dei pregiudizi e dei rimorsi che ne banchettavano senza sosta, mentre ad ogni goccia che toccava terra le urla ed i pianti si sprigionavano tristi ed eterni.
                            
Un brivido gli corse per il corpo.
Di fronte a tutto questo, annuiva, sconsolato e felice nello stesso tempo.
Era affogato felice nei ricordi belli, ed i brutti lo colpivano come mille dardi nel vecchio cuore battente.
Fu quando lacrime di dispiacere, di nostalgia e di gioia iniziarono a fiorire sul volto che lei apparve.
Silenziosa, perché le parole sono la fonte dell’incomprensione, bocca non era in lei, perché non aveva sentenze da dispensare al mondo.
Cieca, perché gli occhi non sono lo specchio dei fatti ma di ciò che vogliamo credere un fatto, occhi non erano in lei, perché non aveva dà vedere ciò che già era.
Sapeva ascoltare.
Eppure, quella forma bizzarra, sensuale e per certi versi grottesca, lo tranquillizzava.
Poteva sentire il suo sguardo fantasma su di lui, poteva avvertire il sorriso invisibile che gli rivolgeva.
I lunghi capelli argentei sottili come ragnatele, preziosi come la luna che s’alza in cielo, illuminavano leggermente la notte della camera, portando lunghe ombre a proiettarsi dietro  ogni singolo, semplice oggetto, e mostri spaventosi affollarsi contorti sui muri ai minimi movimenti.
Stringeva tra le mani un’arpa, ed ogni volta che ne toccava le eteree corde ed allontanava le dita dorate una semplice spirale di fumo rimaneva sospesa nell’aria a collegare le due cose come una, ed ogni singolo filamento sembrava cosparso di piccolissime parole mai dette e dette fin troppo.
Era avvolta in ogni abito mai creato, nuovo ed antico come le tuniche, eppur la si percepiva nuda e perfetta, crudele in un certo qual modo, fatale come solo la Verità può essere.
Era lì a guardarlo, guidarlo, giudicarlo.
La salutò come una vecchia amica, era anche lei una vecchia amica, che aveva abbandonato per anni, e si costrinse a guardare in quel volto senza volto per rivedersi ancora una volta specchiato nella semplicità di quella realtà così irreale che, quella magica notte, il suo cuore battente aveva portato nel nostro piccolo molto di regole fisiche e logica matematica.
Vide il proprio giovane volto, sprezzante, arguto, forte e passionale, sciogliersi come sotto una cascata acida, e diventare sempre più vecchio, e poi vide le rughe che lo ricoprivano di solitudine e saggezza bruciare come torrenti vulcaniche, ed infine il gemello del suo volto si dissolse e non rimase altro che la comprensione.
                            
Di fronte allo specchio, al cospetto della Verità.
Allora, solo allora, la sua amica cominciò a suonare, ed ogni nota era veramente un ricordo da affrontare ed una fantasia da realizzare, era una lettera di un infante ed un memento di un morente.



Mio caro amico,
lunghe sono le vie che portano le parole ad essere pronunciate dopo che il cuore le ha create, e lunghi sono gli anni che il mondo vive prima che queste vengano dimenticate o capite o ignorate realmente.
Lunghe sono le strade da percorrere verso la luce e lunga è l’unica via per capire che il nostro mondo siamo noi e la nostra potenza ed il nostro Dio sono in Noi.
Possiamo abbandonarci a questo piccolo libro, che parla del tutto e del nulla, che narra di uno e di tutti e di nessuno, che apre un semplice cuore e lo lascia vagare nella fantasia che solo un foglio bianco e del nero inchiostro possono portarci, nella poesia pura delle paure e dei sorrisi?
La mia speranza è che questo piccolo cuore, questa piccola poesia d’amore e d’odio, venga ascoltata, metabolizzata, capita ed accettata da chiunque sia qui a leggere le pagine infanti di questi brani svergognati.
Per capire, capirsi.
Per apprezzare, apprezzarsi.
Per accettare, accettarsi.
Per perdonare, perdonarsi.
E per amare, per amarsi.

Beh, come vi è sembrato? Fatemi sapere!
Intanto vi informo che cerco lavoro. Purtroppo devo studiare molto ed aiutare a casa, quindi non posso sperare in un lavoro a tempo pieno. Tuttavia, mi farebbe davvero piacere poter passare i miei pomeriggi, dal lunedì al venerdì, sapendo di guadagnarmi qualcosa ed impiegando le mie energie e la buona volontà in questo.
Mi piacerebbe molto lavorare nel campo della musica o della letteratura, dell'elettronica o dell'edicola. Sono anche disponibile per lavori di dattilografia (fare tic-tac sul computer scrivendo o copiando i vostri documenti, manoscritti o quant'altro) ed, infine, per realizzare siti-web e gestire vendite insieme a mio fratello Alfonso Pugliese (lavora presso CROCCO ARREDAMENTI attualmente).
Potete contattarmi alla mia e-mail hevein@live.it, o su Facebook e se volete addirittura chiedermi il cellulare attraverso questi!
Vi lascio questo piccolo pulsante, se vi piacciono i miei scritti, volete fare un'opera di buona volontà, ed aiutarmi a realizzarmi in questo strano mondo!

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