martedì 28 agosto 2012

C’erano davvero i leoni del teatro “Garibaldi”?


C’erano davvero i leoni del teatro “Garibaldi”?


di Alberto Perconte Licatese


1920

La disputa sull’esistenza dei leoni sui piedistalli che chiudono ai lati i gradini  d’accesso al teatro “G.Garibaldi”, da poco ritornato all’antico splendore, non sembra affatto appianata, anzi è sempre più accesa. Le posizioni dei sammaritani sul tema sono opposte e differenziate. Alcuni sono convinti che ci siano stati almeno fino agli anni Ottanta: vecchi e giovani, dotti ed indotti, uomini e donne, ricordano con precisione che da bambini li montavano per soddisfare il prepotente e rischioso bisogno di cavalcare un felino, sia pure gelido ed inerte; altri sostengono che c’erano prima dell’ultima guerra, svaniti poi nel nulla; altri li hanno visti fino agli anni Cinquanta, attribuendone la scomparsa a ladri d’oggetti d’arte; altri affermano di non averli mai visti, né prima né dopo la guerra, né in tempo di partitocrazia, nè in epoca di bipolarismo; infine, alcuni, nel tentativo, faticoso e vano, di scavare nella memoria, rimangono interdetti, tentennanti, dubbiosi, vaghi.

1934


Il famoso teatro, come è noto, fu inaugurato nel 1896 e, quindi, ha poco più di un secolo, anche se venne chiuso dal municipio nel 1983 per inagibilità e, per ottemperare all’imperativo categorico di adeguare alle norme di sicurezza il locale pubblico, per altro alquanto mal ridotto dal tempo e dall’uso improprio a sala cinematografica, furono eseguiti i lavori, durati appena venti anni. Quel gioiello di architettura, di acustica, di ornato, dovuto al genio ed alle mani dell’architetto Antonio Curri, del pittore Gaetano Esposito, dei prof. Paolo Vetri e Salvatore Cepparulo, collaudato dall’ing. Nicola Parisi e voluto dal sindaco benemerito Pasquale Matarazzi; nella prima metà del Novecento, fu considerato in Campania secondo solo al S.Carlo.



1943

Per tornare alla querelle, nel progetto originario (1890) non c’è traccia di leoni; la prima fotografia dell’edificio, riportata da Salvatore Di Giacomo (risalente al 1920), ne esclude la presenza; dopo, cartoline illustrate datate (o agevolmente databili) tra le due guerre non attestano l’esistenza di felini. Neppure le immagini del dopoguerra, esaminate fino agli anni Sessanta, evidenziano tigri, grifoni, 
1950
linci. Su quei piedistalli, sì ci sono tracce d’immaginazione, suggestione, fantasia, potenti molle che hanno dettato gustosi racconti avveniristici al greco Luciano, creazioni immaginifiche al latino Ovidio, poemi epico-cavallereschi all’Ariosto, liriche immortali al Leopardi ed al Pascoli: vere e proprie salutari valvole di sfogo e d’evasione dal quotidiano grigiore e dalla realtà cruda, alienante e sconvolgente, che spesso hanno azionato giganteschi meccanismi della storia nel bene e nel male.






1960
Personalmente, non ho mai visto quei leoni fantomatici posti a guardia al “Garibaldi”, né marmorei, né bronzei, né grandi, né piccoli, né feroci, né mansueti; eppure, già nei primi anni Cinquanta, quando fanciullo facevo le mie prime escursioni sul mitico corso e, dopo, adolescente, ormai maturo, avrei notato qualcosa di simile. Con questo, non intendo mancare rispetto alle convinzioni altrui; ma, di fronte alla forza dell’evidenza da me documentata, forse potrebbe vacillare qualche certezza inossidabile; altrimenti,  occorrerebbe soltanto una fotografia, dalla quale si evinca la verità.

1961


1969
1969

Spero con questo bellissimo articolo del Prof. Perconte Licatese di aver fatto chiarezza per questo "enigma sammaritano", nel caso in cui neanche questo articolo riuscirà a chiarire mettiamo in palio 1.000,00€ a chi ci dimostra con una foto o cartolina (originali)  che i fantomatici leoni c'erano! 

Trepiccione Donato e Santillo Alessandra      L'album...

martedì 7 agosto 2012

Ferragosto: Ricordi ed Occasioni

Il caldo torrido anche quest'anno si fa sentire sulla pelle dei poveri cittadini italiani.
Alcuni si barricano in casa facendo ricorso alle più avanzate tecnologie come il condizionatore, altri a tecnologie un po' meno avanzate come u ventilator; per gli hard to die il ventaglio rimane ancora il miglior amico dell'uomo estivo. C'è anche chi azzarda qualche stramberia direttamente dal made in china, con i coloratissimi mini-ombrelli-da-sole da mettere come cappello, alcuni dei quali aventi in dotazione una piccola ventola destinata a dar poco sollievo per ancor più poco tempo.
C'è chi lavora così tanto sotto l'ardente sole Mediterraneo che  una volta tornato a casa tratta sommariamente le ustioni di quintuplo grado (scala astemmia)  per  dirigersi poi senza indugio alla più vicina spiaggia e, soprattutto, al più vicino mare, dove affondare e trovare ristoro nelle misteriose, capricciose acque nostrane. 

C'è anche chi è in vacanza da un po', o si trova in questo esatto momento in auto, pullman o bicicletta, diretto verso un harem di tranquillità e bambini urlanti e pieni di sabbia. C'è, infine, chi guarda i giornali e la televisione dal lontano Nord e, stanco dei deh e della hoha hola decide di fare i bagagli ed iniziare il temerario viaggio verso casa.
Perché in tutte queste persone spero sia sorta, almeno un pochino, quanto è sorta nel mio cuore, una fiamma di trepidante attesa per questa settimana, che considero - come, spero, ogni sammaritano - speciale.
Essì, perché questi pochi giorni nel bel mezzo dell'estate e del caldo sono dedicati in Santa Maria Capua Vetere agli ormai noti e tradizionali Festeggiamenti in Onore di SS. Vergine Assunta e S. Simmaco Vescovo... a fest e' Ferrausto, insomma.

Sarà anche vero che «non è più come una volta» e che «sono veramente una vergogna i fuochi quest'anno», ma personalmente il semplice vedere in pieno traffico gli addetti montare quegli ormai noti pali blu mi riempie di gioia come un bambino la vigilia di Natale.
Eppure, diranno alcuni di voi, è solo una festa di paese, come tante altre. Forse ho un'idea troppo romantica di questa festività, di quest'evento, di questo periodo. Forse, non è un difetto averla.
Non è certo il Comune o l'Associazione Chicchesia a decretare se questa sarà una bella settimana per voi e per altri. Tutto è nelle vostre mani, quello che posso dirvi è che, semplicemente, è un'occasione. Come lo è sempre stata. È un'occasione da prendere al volo o lasciar fuggir via.
Il mio cuore, il mio animo e la mia mente stanno vivendo una vera e propria tormenta di ricordi, belli e brutti, mischiati, sconnessi dal tempo e allo stesso tempo ben conservati. La Festa è stata, da sempre, per me, un momento di comunità, di gioia, di divertimento. Non tanto per le giostre o per le bancarelle, ma per lo stare insieme. È l'occasione per eccellenza per usufruire al massimo di ogni più piccolo straccio di tempo ed adoperarlo per i propri amici, i propri figli, i propri cari. È un'escamotage, un palcoscenico montato per chi vuole usufruirne. Una fuga fuori dall'ordinario.
Studiando Religione per un amabilissimo esame a Settembre, ho avuto modo di riflettere sulla definizione teologica di Festa: è un elemento al di fuori del sacro, un elemento profano, che tuttavia si svolge in completa armonia con il sacro, si collega ad esso e lo rafforza. È un coinvolgimento di ciò che è altro - il mondo dell'inafferrabile, non-ordinario - in ciò che è noto - il mondo fisico, la vita ordinaria.
E quando più fedeli formano una comunità, allora si ha una chiesa, si ha una messa, si ha un rito, una celebrazione. Vi dico che ho vissuto tante messe, tanti riti, in questo periodo, fin da quando ero bambino. Si celebrava la sacralità della famiglia, tradizionale o moderna, allargata o unita - non ha importanza: tante persone che si amano formano una famiglia -, la sacralità della spensieratezza, la sacralità dell'otium, del riposo, del semplice stare insieme. Ed il rito più bello era divertirsi da bambini, e vedere l'amore per il mondo negli occhi dei propri figli, fratelli, sorelle, amici. L'eucarestia, nella vita che nasce, che cresce, che accumula esperienze e, perché no, sogni e ricordi in un tutt'uno.

Sono ben conscio della stanchezza di molti di voi, sono ben conscio che siamo in un periodo di difficoltà, di mestizia, di disarmonia, un periodo in cui le speranze sono flebili fiamme notturne pronte a spegnersi. Ma, vi prego, per voi stessi e per chi vi circonda, di sforzare al massimo il vostro cuore, e di lasciar bruciare la magia dello stare bene, per una sera, per una settimana, e far risplendere alta la fiamma della felicità semplice, perché in questo consiste la magia della festa,  così come risplende il nostro campanile.

È molto, molto facile farsi vincere dall'insoddisfazione, dalla stanchezza, dalla monotonia. È facile lasciare i vostri figli per le strade, dargli i soldi per le giostre, farli girare a vuoto nella grande massa di persone che accalcano le vie - ma in questo modo, cosa saranno i vostri figli? Saranno dei sacchi di sangue e carne, in un ingorgo di sacchi di sangue e carne, ed i loro ricordi spariranno, e la festa non sarà Festa, e la vita sarà monotona, e non ci saranno ricordi a cui attaccarsi con un sorriso, non ci sarà amore da sognare, non ci sarà magia nel guardare giochi pirotecnici.
Con l'augurio che le mie noiose parole diano forza a chi l'ha persa, inventiva a chi non l'ha avuta, o non ha avuto coraggio di averla, e felicità a chi tanto la cerca, vi lascio alle vostre cose e vi ringrazio, augurandovi buona Festività di... Ferragosto. Seriamente, è troppo lungo l'altro nome.
Allego poi il programma della Festività, e lancio al volo un ringraziamento al grandissimo Donato Trepiccione e a tutti i buon sammaritani organizzatori della Mostra Mercato e di tante altre belle occasione per stare insieme e riempire di Amore la nostra Città.