domenica 26 febbraio 2012

Personaggi Sammaritani: Errico Malatesta

Nacque il 4.12.1853 a S. Maria C.V. nella chiazza e' !l'Urmo da Federico e Lazzarina Rastoin. Il padre industriale cuoiaio napoletano si era trasferito da anni e aveva saputo talmente inserirsi, godendo dell'apprezzamento generale, da essere chiamato ad espletare incarichi giudiziari (giurato alla Corte di Assise nel 1863-1864). Cresciuto in una famiglia di sana morale cattolica che lo influenzò per tutta la vita, dopo aver compiuto gli studi secondari ed essersi iscritto a Medicina si distrasse per naturale curiosità verso i problemi che angustiavano l'Europa.

A 14 anni scrisse una lettera di protesta a Vittorio Emanuele II accusando la monarchia delle nequizie che subivano i poveri, essendo giunto alla conclusione che l'istituto monarchico era l'ostacolo maggiore al progresso dei più umili strati della nazione.

A 17 anni aderisce alla Sezione Internazionale di Napoli; non ancora ventenne partecipa ai moti pugliesi e nel 1877 dopo aver scontato una pena in carcere capeggia la "rivolta del Matese". È di nuovo imprigionato;
all'uscita, con gesto coerente al credo politico-morale dona la sua quota di eredità ai curriari del padre, vivendo fino alla morte con lavori di elettricista ed altri mestieri mai dimenticando di soccorrere, quando poteva, gli amici in difficoltà. Emigra in Egitto, Francia, Inghilterra; partecipa al Congresso Internazionale nel
1881; nel 1883 fonda a Firenze ''La questione sociale"; in Argentina nel 1885 è a capo della Federazione Operaia.

È dovunque, è là dove cresce il movimento libertario del quale per 50 anni fu il portavoce indiscusso

mantenendosi nella scelta della rivoluzione permanente che, a suo parere, non doveva necessariamente manifestarsi con mezzi violenti; e in questa consapevolezza condusse una vita di carcere e di esilio, di vittorie e amare sconfitte addolcita dall'intimità degli affetti familiari e dall'ineccepibile, cristallina onestà: ''Lotta di classe fino a che volete, se per lotta di classe si intende la lotta degli sfruttati contro gli sfruttatori per l'abolizione dello sfruttamento.

Essa è mezzo di elevazione morale e materiale ed è la principale forza rivoluzionaria su cui oggi si possa contare. Ma odio no, poichè dall'odio non può sorgere l'amore e la giustizia. Dall'odio nasce


la vendetta, il desiderio di sovrapporsi al nemico, il bisogno di consolidare la propria superiorità. Coll'odio, se si vince, si possono fondare nuovi governi, ma non si può fondare l'anarchia" (20.9.1921).


È una meteora che avanza i tempi, che illumina e lascia il segno; seguirlo in NordAmerica, Cuba, Inghilterra, Olanda è assistere alla nascita della libertà concepita come disciplina e non conquista che così egli riassume: ''L'insofferenza della oppressione, il desiderio di essere libero e di poter espandere la propria personalità in tutta la sua potenza non basta a fare un anarchico. Quella aspirazione all'illimitata libertà se non è contemperata dall'amore degli uomini e dal desiderio che tutti gli altri abbiano eguale libertà, può fare dei ribelli che se basta loro la forza si trasformano subito in sfruttatori e tiranni, ma non a fare degli anarchici".


Nel1914 organizza "la settimana rossa" in Emilia e nelle Marche; antimilitarista intuì che l'ombra funebre della 1a guerra mondiale avrebbe oscurato interrompendo il cammino della socialdemocrazia; nel 1917 plaudì alla "rivoluzione di ottobre", ma immediatamente anticipando protagonisti ed avversari, imputò i capi del gruppo

bolscevico di voler affossare, con la pretesa del partito unico, l'essenza della rivoluzione; nel 1918 fonda a Milano ''Umanità nova" e avendo compreso prima degli altri la pericolosità del fascismo e la sua inteL'essata
complicità agli industriali e proprietari latifondisti, l'ostacola senza tentennamenti accusandolo di essere un movimento involutivo al servizio dei retrivi e definisce Mussolini un uomo privo di ideali ma pregno di avventurismo politico.

Gli anni e la vergognosa tolleranza di Vittorio Emanuele III, disposto a vendere l'anima e a subire qualsiasi umiliazione (Mussolini si conferì il grado di P maresciallo dell'impero come il re: lui che ignorava
il duale) pur di conservare il trono alla famiglia, confermarono questa intuizione.

Nel 1923 fonda ''Pensiero e volontà"; di nuovo in carcere e una vita di stenti senza cedere un millimetro, dopo aver previsto le costituzionali debolezze del socialismo e le possibili devianze del sindacalismo:

''La lotta economica in regime capitalistico porta per sua natura alla divisione del proletariato in frazioni rivali di cui alcune arrivano ad assicurarsi il monopolio del lavoro meglio retribuito ed altre più numerose
restano nella miseria sempre esposte alla disoccupazione, alla schiavitù, alla fame, col risultato che il regime (capitalista) si consolida interessando alla sua durata un largo numero di lavoratori tra i più attivi ed intelligenti che diventano quasi inconsapevolmente conservatori per la paura di mettere in pericolo la posizione privilegiata che hanno conquistato spesso con lunghi e grandi sacrifici. Nè la cosa si può impedire e nemmeno riprovare fino a che resta sul campo economico".

Si spense il 22.7.1932 a Roma sorvegliato a vista dalla polizia diMussolini che temeva quel povero vecchio di ottantanni che aveva fatto tremare gli affamatori di tutto il mondo e che ancora si erge ad accusare la
mala pianta dell' egoismo che alligna in ciascuno di noi. L'itinerario del funerale fu stabilito dalla questura con carabinieri e guardie di P.S. piazzati dovunque per impedire ad eventuali compagni un qualsiasi gesto di saluto alla salma; non furono consentiti fiori nemmeno ai familiari, nè un passo a piedi al corteo funebre bensì il rapido accompagnamento al cimitero; anche là dopo la sepoltura, Errico Malatesta fu sorvegliato per impedire a chiunque di accostarsi tranne la moglie e la giovane figlia Gemma.

I suoi scritti sono stati tradotti in armeno, bulgaro, ceco, cinese, ebraico, francese, giapponese, inglese, norvegese, olandese, rumeno, russo, spagnuolo e tedesco; parlava e scriveva correttamente il francese,

l'inglese e lo spagnuolo. Si accostò a tutte le problematiche cercando di risolverle in chiave libertaria; nel 1922 per la piaga della droga (niente di nuovo sotto il cielo) proponeva il commercio della cocaina (del
tutto sconosciuta l'eroina) a prezzo di costo per sconfiggere la piaga degli spacciatori e di illustrare nel contempo i danni che procurava, avvertendo che la droga non sarebbe scomparsa finchè fossero durate
"le cause sociali che creano i disgraziati e li spingono all'uso degli stupefacenti".

S. Maria nei confronti di quest'uomo che vi nacque e visse plasmandosi in dimensioni non ancora misurate e che sempre "pur essendo una persona dalla vita e dai sentimenti internazionalistici e cosmopoliti amava S. Maria ed era solito ricordare con affetto la cittadina natale, i suoi luoghi d'infanzia, le prime fondamentali esperienze" (Nicola Terracciano opera citata), non ha ottemperato ad alcun dovere commemorativo.


Vi sono nella sua città degli sprovveduti - accostatisi piuttosto tardi alla cultura - che non avendo lontanamente compreso la lezione che egli diede indistintamente ad amici e nemici, si ostinano

ad ignorarlo: peggio per loro.








Immagini Web
Testo tratto dal libro "Vecchie immagine e note estemporanee" di Fulvio Palmieri


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