Oggi voglio
raccontarvi una bella ma triste storia tutta sammaritana.
Era il 1940 quando il
sig.Antonio Palmieri, contadino, e la moglie Teresa Amoroso decisero, non
potendo avere figli, di adottarne uno.
Lo chiamarono Angelo,
lo accudirono e gli diedero le
cure amorevoli che si danno a un figlio naturale.
In casa non mancava nulla: un
po' di terra, un cavallo, un bue e gli attrezzi per coltivare, ma scoppiò la guerra e
Antonio fu strappato dalla sua terra, da sua moglie e dal piccolo Angelo.
Quando ritornò, dopo anni di campagne militari e di
prigionia, trovo la sua casa bruciata, e dei suoi animali e degli attrezzi non
v'era, purtroppo, più traccia.
Teresa e Angelo erano vivi, ma vivevano in un
tugurio senza acqua nè luce e soffrivano la fame.
Quando lo videro arrivare credettero che le cose
sarebbero cambiate, ma Antonio non era più un contadino bensì un bracciante e
di braccianti a Santa Maria Capua Vetere, in quel periodo ce n'erano
tanti.
Alla ricerca di un lavoro, a volte, mancava da casa
per ore e giornate intere e quelle poche lire che guadagnava gli sembravano un
vero e proprio tesoro per tirare avanti.
Destino volle che Teresa, che non aveva mai provato
la gioia di avere figli, uscisse incinta di una bella bambina e dopo tre anni
di un bambino, Mimì.
Teresa, ormai ridotta a uno scheletro, proprio dopo
quel secondo parto, morì.
Il povero Antonio, schiantato dal dolore, cadde in
una profonda depressione e proprio ora che c'era ancor più bisogno di
lui,
lui non c'era...
Avvilito da quella situazione non riusciva a
trovare le forze per sopravvivere e per far sopravvivere i suoi tre figli.
Chi si sarebbe preso cura dei due piccoli e di
Angelo?
Quale donna avrebbe accettato di farlo consapevole
di non poter essere pagata?
L'aiuto arrivò proprio da quel figlio adottivo,
Angelo, che nel frattempo era diventato un ometto di dieci anni.
Lui, sì, proprio lui avrebbe fatto da balia al
fratellino accudendolo e proteggendolo come una vera madre.
Iniziò così l'eroica impresa del "piccolo
grande" Angelo.
Cucinava, lavava, rammendava i panni consunti,
faceva quel poco di spesa che poteva e per poter far ciò lasciò la scuola, la
sua classe in seconda elementare.
Lui poteva anche digiunare, ma il piccolo Mimì
aveva bisogno della giusta alimentazione quotidiana e per lui veniva prima di
tutto e tutti.
Riuscì a trovare una sistemazione per Maria, la
sorellina di due anni, presso le suore dell'orfanotrofio Papale e quindi potè
concentrare le sue forze solo sul piccolo Mimì.
Ma non è sufficiente: quel poco di danaro che il
padre gli porta non basta e Mimì ha bisogno di tante cose per poter
vivere...per sopravvivere.
Decide allora di chiedere aiuto alla direttrice del
Centro dell'Opera Maternità e Infanzia.
Purtroppo però non possono accettare il piccolo
Mimì, fino a quando non avrà compiuto almeno un anno.
Angelo chiede allora solo un po' di latte
giornaliero e le nozioni basilari per poterlo allattare artificialmente.
La direttrice non lo prende sul serio e gli dice
che a ciò avrebbe dovuto provvedere un parente più grande, ma Angelo non ha
parenti e così la direttrice, impietosita da quella situazione, insegna ad
Angelo i primi elementi di puericultura.
Lui la ascolta, poi subito torna a casa per
allattare il fratellino che intanto dorme e così per giorni e giorni.
Per il piccolo Mimì è Antonio la sua mamma, e lui
che lo lava, lo nutre, lo fascia e che si prende cura di lui come farebbe una
vera madre.
Angelo si divide tra la casa e il fratellino e
spesso non manca di incoraggiare il padre preso dallo sconforto della
situazione.
E poi c'è Maria, Angelo pensa anche a lei, e quando
riceve un dolciume non lo tiene per sè, lo porta di corsa alla sorellina per
far sentire anche lei parte della "sua" famiglia.
A dieci mesi le suore finalmente prendono in cura
il piccolo Mimì per 8 ore al giorno e quando Angelo va ad accompagnarlo scoppia
in lacrime facendo piangere anche gli altri bambini ospiti delle suore.
Angelo ora è ritornato a scuola e se prima non
studiava con impegno ora i maestri sono fieri di lui.
Vuole prendere almeno la licenza elementare e ogni
mattina accompagna Mimì all'asilo e poi alle 16.00 lo va a riprendere.
Le persone quando lo vedono passare non vedono in
lui un bambino, ma un uomo. Angelo è un uomo!
Era il 1940 quando il sig.Antonio Palmieri, contadino, e la moglie Teresa Amoroso decisero, non potendo avere figli, di adottarne uno.
lo accudirono e gli diedero le cure amorevoli che si danno a un figlio naturale.
In casa non mancava nulla: un po' di terra, un cavallo, un bue e gli attrezzi per coltivare, ma scoppiò la guerra e Antonio fu strappato dalla sua terra, da sua moglie e dal piccolo Angelo.
Quando ritornò, dopo anni di campagne militari e di prigionia, trovo la sua casa bruciata, e dei suoi animali e degli attrezzi non v'era, purtroppo, più traccia.
Teresa e Angelo erano vivi, ma vivevano in un tugurio senza acqua nè luce e soffrivano la fame.
Quando lo videro arrivare credettero che le cose sarebbero cambiate, ma Antonio non era più un contadino bensì un bracciante e di braccianti a Santa Maria Capua Vetere, in quel periodo ce n'erano tanti.
Destino volle che Teresa, che non aveva mai provato la gioia di avere figli, uscisse incinta di una bella bambina e dopo tre anni di un bambino, Mimì.
Teresa, ormai ridotta a uno scheletro, proprio dopo quel secondo parto, morì.
lui non c'era...
Chi si sarebbe preso cura dei due piccoli e di Angelo?
Quale donna avrebbe accettato di farlo consapevole di non poter essere pagata?
L'aiuto arrivò proprio da quel figlio adottivo, Angelo, che nel frattempo era diventato un ometto di dieci anni.
Iniziò così l'eroica impresa del "piccolo grande" Angelo.
Cucinava, lavava, rammendava i panni consunti, faceva quel poco di spesa che poteva e per poter far ciò lasciò la scuola, la sua classe in seconda elementare.
Lui poteva anche digiunare, ma il piccolo Mimì aveva bisogno della giusta alimentazione quotidiana e per lui veniva prima di tutto e tutti.
Riuscì a trovare una sistemazione per Maria, la sorellina di due anni, presso le suore dell'orfanotrofio Papale e quindi potè
Ma non è sufficiente: quel poco di danaro che il padre gli porta non basta e Mimì ha bisogno di tante cose per poter vivere...per sopravvivere.
Decide allora di chiedere aiuto alla direttrice del Centro dell'Opera Maternità e Infanzia.
Angelo chiede allora solo un po' di latte giornaliero e le nozioni basilari per poterlo allattare artificialmente.
La direttrice non lo prende sul serio e gli dice che a ciò avrebbe dovuto provvedere un parente più grande, ma Angelo non ha parenti e così la direttrice, impietosita da quella situazione, insegna ad Angelo i primi elementi di puericultura.
Lui la ascolta, poi subito torna a casa per allattare il fratellino che intanto dorme e così per giorni e giorni.
Per il piccolo Mimì è Antonio la sua mamma, e lui che lo lava, lo nutre, lo fascia e che si prende cura di lui come farebbe una vera madre.
Angelo si divide tra la casa e il fratellino e spesso non manca di incoraggiare il padre preso dallo sconforto della situazione.
E poi c'è Maria, Angelo pensa anche a lei, e quando riceve un dolciume non lo tiene per sè, lo porta di corsa alla sorellina per far sentire anche lei parte della "sua" famiglia.
A dieci mesi le suore finalmente prendono in cura il piccolo Mimì per 8 ore al giorno e quando Angelo va ad accompagnarlo scoppia in lacrime facendo piangere anche gli altri bambini ospiti delle suore.
Angelo ora è ritornato a scuola e se prima non studiava con impegno ora i maestri sono fieri di lui.
Vuole prendere almeno la licenza elementare e ogni mattina accompagna Mimì all'asilo e poi alle 16.00 lo va a riprendere.
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